(di Lorenzo Biscontin) Parlare di vino a 0% alcol per molti produttori ed appassionati è un controsenso, quando non un’eresia. Il mercato in generale però la vede diversamente, considerato che questa categoria sta crescendo con tassi a doppia cifra, pur partendo da numeri bassi, rispetto al -7% rilevato dall’OIV tra il 2008 ed il 2023 per i vini “convenzionali”.
Secondo IWSR nel 2023 il mercato dei vini a 0 o basso contenuto di alcol nel 2023 valeva 11 miliardi di dollari americani e le previsioni sono che raddoppi entro il 2032, raggiungendo il valore di 24 miliardi di dollari.
Da notare come questo studio si focalizzasse sui principali mercati di attuale consumo di vini a 0 o basso contenuto di alcol che sono nell’ordine: USA, Germania, Regno Unito, Francia, Australia, Spagna, Giappone, Canada, Brasile e Sud Africa.
Si tratta di mercati che sono anche grandi consumatori di vino “tradizionale”, a dimostrazione di come attualmente la domanda derivi da consumatori che sono già esposti e culturalmente affini alla categoria vino.
Zero alcol, le ragioni della scelta
Numerose ricerche dimostrano che il consumo di vini a 0 o basso contenuto di alcol è principalmente una scelta di moderazione più che di astinenza dall’alcol. Ovvero chi consuma vino a 0 o basso contenuto alcolico è molto spesso anche consumatore di bevande alcoliche e sceglie le versioni senza alcol in determinate situazioni per ridurre l’assunzione di alcol complessiva.
Il settore viti-vinicolo sta sostanzialmente seguendo questa tendenza, concentrandosi su questi mercati. Pochi produttori sembrano dedicare attenzione al potenziale che un vino a 0 alcol può avere nel mercato globale della popolazione islamica. Eppure si tratta di un mercato che rappresenta il 25% della popolazione mondiale (oltre 2 miliardi di persone) che nel 2021 aveva acquistato cibo e bevande halal (ovvero lecite secondo la religione islamica) per l’equivalente di oltre 1.000 miliardi di $ americani.
Zero alcol, nel mondo islamico un mercato di almeno 650 milioni di consumatori
Anche escludendo le persone islamiche sotto i 15 anni, stimate nel 34% del totale, ed escludendo un altro 50% per ragioni di preferenze, abitudini, capacità di spesa, rimane un mercato potenziale di oltre 650 milioni di persone.
Affrontare il mercato islamico implica innanzitutto una questione tecnica: per essere certificato halal la gradazione alcolica del vino deve essere pari a 0,0%. L’assenza di alcol è elemento necessario, ma non sufficiente per la certificazione: tutto il processo produttivo dalle uve alla bottiglia deve attenersi agli standard halal. Per questo è fortemente raccomandato l’utilizzo di linee produttive dedicate per i vini halal rispetto agli altri.
E’ necessario un sostanziale cambiamento culturale nella definizione della proposta: il vino a 0 alcol non va visto come il cugino povero del vino alcolico, ma come una bevanda a sé, capace di soddisfare i consumatori per quello che offre in termini di gusto e di immagine.
In questa visione il vino a 0 alcol diventa una bevanda per permettere a tutti di provare i profili sensoriali che si sviluppano solamente con la fermentazione del mosto in vino, non un modo per permettere agli attuali consumatori di vino “tradizionale” di mantenere le loro abitudini riducendo l’assunzione di alcol.
Implicazione importante di questo cambio di paradigma è la qualità organolettica del vino a 0 alcol che si propone sul mercato. Se per i consumatori “costretti” a bere vino a 0 alcol per ragioni di salute o di guida poteva bastare un prodotto che ricordava o somigliava al vino “tradizionale”, adesso le persone vogliono una bevanda che soddisfi il palato, buona, piacevole, interessante, intrigante. Va quindi ricordato che per ottenere un buon vino a 0 alcol è necessario partire da un buon vino alcolico.
Questo approccio dà la libertà di pensare al di fuori dei riferimenti abituali del vino, permettendo di esplorare nuove proposte di gusto, packaging, immagine, ecc… utile per cogliere in pieno le opportunità offerte dalla categoria del vino a 0 alcol già sui mercati attuali di consumo.
Un cambio di paradigma indispensabile nel rivolgersi al mercato islamico, dove le persone hanno culture e valori sostanzialmente diversi da quelli dei mercati in cui si è consumato il vino fino ad oggi.
Zero alcol, guadagni in crescita: l’esempio francese a Saint-Émilion
Rivolgersi al mercato islamico con il vino a 0 alcol è sicuramente una strategia nuova e complessa, sia in termini tecnici che culturali. D’altra parte è un’opportunità che difficilmente il settore viti-vinicolo può permettersi di perdere, soprattutto se si considera che i consumatori premiano i prodotti a 0 alcol di qualità. Negli Stati Uniti il prezzo medio degli spirits senza alcol era di 26$ rispetto ai 12$ di quelli alcolici e nel vino cominciano ad apparire esempi di vini premium a basso contenuto di alcol.
Château Edmus, Gran Cru Saint-Emilion ha de-alcolizzato un quinto della sua produzione e vende “Zero by Edmus” annata 2022 a 45 euro/bottiglia e Château Clos de Boüard – nella foto qui sopra la titolare, Coralie de Boüard -, nella vicina zona della Montagne Saint-Émilion appellation, ha già venduto 50.000 bottiglie del suo “Prince Oscar” a 0 alcol al prezzo di 25 euro.