A pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Citare Giulio Andreotti è d’obbligo. Perché a pochi giorni di distanza dall’annuncio del rinvio al 2021 del Vinitaly, già iniziano a volare in cerchio gli avvoltoi che sperano di cibarsi della carcassa della rassegna scaligera. L’idea di VeronaFiere, infatti, è quella di creare un evento in autunno per rilanciare il settore del vino che, come dimostrano le interviste che The Italian Wine Journal sta raccogliendo fra i principali operatori e Consorzi, guarda preoccupato alla ripresa.
E’ vero che il mercato interno – GDO ed e.commerce – sta sostenendo le vendite, ma ci sono molte cisterne piene di un prodotto che i buyer non hanno ancora assaggiato (e fra sei mesi si vendemmia di nuovo) che fra vendite di sfuso e distillazione andranno comunque svuotate. Se poi anche i ristoranti iniziano a vendere le loro cantine per fare cassa e reggere il lock down di questo mese, il quadro della stagione non invita all’ottimismo.
Autunno vuol dire ottobre-novembre quando sono in calendario la Milano Wine Week (3-11 ottobre 2020) e Merano WineFestival (6-10 novembre 2020): se arriva “Vinitaly autunno” la concorrenza si fa spietata. Non a caso, Helmuth Köcher, patron di Merano WineFestival, e Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week , ieri hanno ricordato come «L’asse Milano-Merano sia sempre più unito, ma aperto ad altre realtà e organizzazioni che vogliano unirsi sinergicamente per offrire maggiori opportunità alle aziende produttrici stressate dalle difficoltà del momento. Siamo pronti ad accogliere a braccia aperte chiunque voglia collaborare con noi». Come se, con tutto il rispetto, questo fosse un accordo fra pari nonostante le evidenti differenze di fatturato, ruolo politico, grado e capacità di internazionalizzazione, know how fieristico ecc ecc
Poco fa, Gian Marco Centinaio, già ministro all’Agricoltura per la Lega nel Governo Conte-1, ha dichiarato che: “Annullato il Vinitaly, il 2020 sarà l’anno di Milano Wine Week. Vinitaly e Veronafiere restano però, come affermato più volte in tutti i contesti nazionali e internazionali, il riferimento per promuovere il Made in Italy vitivinicolo. In questo momento di difficoltà, non vi erano le condizioni per svolgere al meglio una manifestazione internazionale di questo calibro. Spostarla al 2021 rappresenta quindi un gesto di responsabilità che va apprezzato. Tutelare Vinitaly vuol dire difendere e valorizzare le oltre 500 denominazioni che rappresentano i nostri territori, ed è quindi un obbligo morale per tutti noi.”
Quindi, il 2020 per l’ex ministro, sarà appannaggio di Milano, lasciando al Vinitaly ed a VeronaFiere la sola promozione internazionale (d’altronde, chi potrebbe togliergliela se non con una forzatura esclusivamente politica?) . Mondo versus Italia. Grande mercato contro mercato domestico. Un affare? Nei fatti una pillola avvelenata per togliere al Vinitaly il grande business della kermesse italiana. Già negli Anni Novanta, Milano tentò – con qualche organizzazione di settore – di creare una rassegna alternativa a Verona capace di svuotare il Vinitaly e portarlo de facto in Lombardia. Allora però la Lega non viaggiava fra il 25 ed il 30% e non era candidata reale per il premierato dei prossimi anni. L’emergenza Covid-19 fra poco finirà, ma la tregua nazionale per sconfiggere il virus è già bella che sepolta per il business che, mors tua vita mea, ora si sta riposizionando per uno scenario prossimo che sarà diverso obbligatoriamente da quello del recente passato. E Covid-19 sta mutando in perfetto killer per regolare vecchi conti e raggiungere vecchi desiderata…