(di Bernardo Pasquali). Si sente dire troppe volte che, prima di elogiare un giovane, è meglio aspettare; per Simone Gradizzi, l’enologo veronese, classe 1993, aspettare è solo perdere tempo e lui, quel tempo, se lo sta già conquistando. Come affermava la prestigiosa rivista inglese, The Drink Business, gli enologi, sono i Silent Partners dietro un vino prestigioso o una cantina. Simone interpreta perfettamente questo ruolo. Un giovane intraprendete e appassionato che ha le idee chiare su quello che dovrà essere il vino del futuro.
Una formazione immersiva nel mondo del vino italiano
Simone Gradizzi ha frequentato il corso di laurea in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche presso l’università di Verona conseguendo la laurea nel 2017 con un punteggio di 110 e lode. Durante gli studi ha lavorato per due anni presso Masi Agricola S.P.A. prima nello stabilimento di Rovereto e successivamente in quello di Valgatara. Terminati gli studi ha lavorato in Toscana, nel Chianti Classico, nell’azienda Castell’in Villa e successivamente è approdato alle Tenute Ugolini di Fumane.
Una grande esperienza sui vini rossi e, in modo particolare, su due vitigni complessi e affascinanti come Sangiovese e Corvina. La sua passione e il suo cuore l’hanno poi avvicinato ad una giovane di Custoza per un progetto bellissimo di vinificazione san soufre, seguendo rigorose pratiche biologiche e naturali in campo ed in cantina.
Esprimere il territorio assecondandone timbro e musicalità
“Sono pochi gli ambiti agroalimentari che sono in grado di trasferire le peculiarità di un territorio su una tavola”. Simone Gradizzi ha scelto la scienza del vino perchè parla del territori da cui proviene. “Prima di pensare ad un vino e a come trasformare al meglio la sua uva, studio la storia, le tradizioni, l’unicità del territorio da cui provengono. Sono elementi indistinguibili che vanno fusi sapientemente senza esagerare nell’interpretazione, assecondandone l’energia, il timbro e la musicalità”.
In Toscana ho imparato l’arte di saper aspettare
“Ogni singola esperienza mi ha regalato tanto! Se dovessi sceglierne una in particolare, sarebbe sicuramente la mia parentesi Toscana. Ho avuto modo di capire cosa sia davvero necessario per produrre grandi vini rossi. L’intransigenza di alcune scelte, la capacità di saper aspettare, la volontà di non scendere a compromessi o intraprendere scorciatoie; solo così ci si può avvicinare al raggiungimento della qualità assoluta”.
Equilibrio e rispetto sono le doti di un grande vino secondo Simone Gradizzi
“Definire le doti che deve avere un grande vino è una domanda apparentemente complessa. Nella realtà dei fatti la risposta è molto semplice. Un vino rosso di alta qualità deve essere equilibrato e rispettoso. Nella mia Valpolicella ad esempio cerco l’addio a concentrazioni, colori e strutture che non ci appartengono; al contrario cerco la verticalità del vino, la spalla acida, la sottile eleganza e la grande bevibilità. Inoltre ritengo fondamentale dare sempre più voce in maniera, trasparente e sincera, alle nostre varietà locali, quindi ridurre al minimo le pratiche enologiche che possono interferire con la loro naturale espressione!”
La scelta naturale non è una scelta di parte e nemmeno una moda da seguire
Simone Gradizzi non ama etichettare il vino. “I vini più buoni che io abbia mai assaggiato, quelli che ti emozionano davvero sono quelli prodotti in zone estremamente vocate dove, l’intervento correttivo, così come l’additivo enologico, sono del tutto inutili se non addirittura dannosi per la qualità del vino stesso. Ci sono produttori che si configurano in realtà di questo tipo, che si limitano a trasformare l’uva in vino senza l’uso di coadiuvanti o tecnologie varie, che non fanno e mai farebbero menzione al fatto che i loro sono vini naturali, il punto è il vino, non l’etichetta che gli diamo”.
Continua Simone Gradizzi: “Ci sono poi produttori che per cavalcare la tendenza volutamente producono vini difettati, che puzzano, pur di dare al consumatore l’impressione che stia bevendo un prodotto naturale e genuino, quindi pur di dare un’etichetta al loro vino, questo per me non è fare vino naturale, al contrario significa che esiste o una mancanza di conoscenza e capacità, enologica o commerciale che sia, o una volontà di seguire le mode”.
Il vino al mondo a cui non potrei mai rinunciare
Per Simone Gradizzi non c’è dubbio! “E’ il Macon Village “Les Sardines” di Robert Denogent, è uno Chardonnay 100%, affinato per 24 mesi in barriques usate, senza solfiti aggiunti e non filtrato, enologicamente perfetto, capace di coinvolgere la sfera emozionale come pochi. Ricadrebbe nel calderone dei vini naturali, se volessimo, ma, il produttore, non ne fa menzione, non ne ha bisogno evidentemente”.