(di Giordana Talamona) Sembra passato molto più di due mesi dai dati pubblicati dal Consorzio Tutela Valpolicella, che inquadravano l’Amarone come traino per il commercio nazionale ed estero della Valpolicella. Dati diffusi durante l’Anteprima Amarone 2016, che fotografavano un mercato in crescita dell’Amarone (all’estero +4% sul 2018, in Italia +7,9% a volume), per un giro d’affari complessivo di circa 350 milioni di euro.
In una manciata di giorni il Covid-19 ha cambiato tutto: nel mondo ci sono 1,7 miliardi di cittadini in quarantena e migliaia di aziende sotto scacco. Per resistere a questa difficile crisi sanitaria ed economica, il Consorzio ha attivato un filo diretto col Ministero delle Politiche Agricole a cui riporta settimanalmente difficoltà contingenti e problematiche evidenziate dai soci: “Siamo in contatto col Ministero ogni settimana – spiega Olga Bussinello, direttore del Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella – per riportare quanto sta accadendo alle nostre aziende, con casistiche di vario livello che possono andare da disdette di merce, richieste di certificazioni non legittime ed eventuali blocchi alle frontiere. È un lavoro in continuo aggiornamento, che ci serve anche per veicolare le corrette informazioni del Ministero alle aziende. Abbiamo anche allertato la nostra rete di ambassador, wine educator, sommelier e importatori nel mondo per avere aggiornamenti quotidiani sull’andamento dei mercati esteri”.
Questo territorio si compone di 272 aziende di imbottigliatori e trasformatori della rinomata DOP del veronese, per una filiera che conta 7 cantine cooperative e 2.273 aziende agricole produttrici di uva. Un territorio complesso anche da un punto di vista paesaggistico, che si apre idealmente a ventaglio da Verona e si divide in tre zone distinte: la zona Classica (areali di Sant’Ambrogio di Valpolicella e di San Pietro in Cariano, e le valli di Fumane, Marano e Negrar), la zona Valpantena, comprendente l’omonima valle e la zona DOC Valpolicella, con i comprensori del comune di Verona e le valli di Illasi, Tramigna e Mezzane.
La Valpolicella, come gli altri territori italiani del vino, si prepara a un resistere a un lungo assedio: “Per quanto riguarda l’export, secondo le informazioni che ci arrivano periodicamente dai soci, le aziende più grandi e strutturate sono quelle che stanno reagendo meglio a questa crisi, nonostante le quotidiane difficoltà del trasporto su gomma delle merci. Quelle che soffrono di più, come era facile immaginare, sono le aziende medio-piccole, che hanno mercati esteri non altamente differenziati”. L’export di Amarone vale per il 62.4% della produzione, destinato a Germania (16%), USA (14%), Uk (12%), Svizzera (11%) a cui seguono Svezia (8%), Danimarca (7%) e Canada (6%). Una produzione articolata, quella del territorio veronese, che può essere compresa solo tenendo conto del numero complessivo di bottiglie prodotte nel 2019, oltre 64 milioni tra le denominazioni Valpolicella, Amarone, Recioto e Valpolicella Ripasso, per un giro d’affari complessivo di 600 mln.
Tra le misure necessarie per il rilancio dell’economia nel dopo emergenza, il Direttore individua alcune priorità: “Ben vengano gli aiuti economici, soprattutto alle famiglie, ma nel mondo del vino serve altro. Difficile che le aziende accettino la cassa integrazione, il mondo agricolo ha voglia di rimettersi in pista. Piuttosto servirebbero delle misure strategiche nel medio e lungo periodo: tassazione ridotta, possibilità di sfruttare meglio la logistica, sdoganamento più veloce delle merci e misure di natura commerciale con gli altri Paesi. Solo con queste misure, si potrebbe guardare a un dopo emergenza con più speranza”.