(di Giordana Talamona) È passato poco più di un mese, ma sembra molto più lontano il febbraio scorso, quando il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba e Dogliani diffondeva gli eccezionali dati sulla messa in commercio di oltre 18 milioni di bottiglie dall’inizio del 2020. Per la precisione 14.039.461 di Barolo 2016 e 4.213.585 di Barbaresco 2017, con oltre 3 milioni di bottiglie di Barolo e 600.000 di Barbaresco già allocate sui mercati internazionali. Due annate stellari consacrate a New York con punteggi record da una commissione speciale di Masters of Wine, proveniente dai cinque continenti: 99,3 per il Barolo 2016 e 98,1 per Barbaresco 2017.
In un mese e mezzo tutto nel mondo è cambiato, ma le Langhe tanto amate da Cesare Pavese, quelle che l’Unesco ha definito “un esempio eccezionale di interazione dell’uomo con il suo ambiente naturale”, hanno radici profonde che stanno reggendo al duro colpo inferto dal Covid-19.
A scattare una fotografia in perpetuo movimento è il Presidente del Consorzio, Matteo Ascheri, in carica dal 2018. «La situazione è incerta sui mercati internazionali, ma per fortuna le spedizioni in Uk, Irlanda e Germania continuano abbastanza regolarmente, mentre negli Stati Uniti c’è stata qualche avvisaglia di blocco. In Europa mi risulta che l’Ungheria sia l’unico Paese che ha sospeso le spedizioni dei nostri vini. Non le nascondo che la preoccupazione sia legata in questo momento alla durata della crisi, anche per il settore interno, oggi completamente paralizzato. È evidente che le vendite online stiano aumentando, ma non riescono a compensare le perdite».
In previsione, se i lavori in vigna stanno continuando con le potature che permettono il rispetto delle norme di distanziamento sociale, lo sguardo va alla prossima vendemmia: «Come aziende agricole non possiamo fermarci, la natura non attende, ma tutti i soci si stanno adoperando per il rispetto delle norme di sicurezze previste dei decreti. Il problema sarà la vendemmia, che non possiamo perdere, e che mi immagino complicata e triste, anche – e non solo – per le vendite saltate».
Senza contare l’impatto sull’enoturismo, centrale per molti soci del sistema Langhe. «In questi anni molte aziende vinicole hanno investito sull’hospitality creando alberghi e ristoranti, che ora sono chiusi e che non potranno essere riaperti a breve. Le prime misure di cassa integrazione potranno per fortuna dare un po’ di respiro a questi lavoratori, ma mi rendo conto che serviranno provvedimenti di maggiore impatto per risollevare tutto il settore turistico».
Rispetto al prossimo Vinitaly, Ascheri è cauto, ma disponibile a un confronto con l’Ente Fiera: «E’ chiaro che se la situazione non cambia sarà molto difficile anche solo immaginare un Vinitaly a giugno. Questo è il momento in cui, come per una bufera in montagna, ci si deve chiudere al sicuro e attendere che arrivi il sole. Se tuttavia le cose dovessero migliorare, fare un Vinitaly posticipato potrebbe essere un bel segno di rinascita, anche se – dobbiamo dirlo – i giochi commerciali a giugno sono pressocché già fatti. Potremmo intenderla come un’opportunità di condivisione per mostrare la forza dell’Italia, ma mi aspetto – se così dovessimo prenderla – una mossa di incentivi dall’Ente Fiera, fatta di agevolazioni concrete per i produttori. Magari uno sconto del 50% potrebbe aiutare, ma queste sono solo ipotesi da valutare a emergenza rientrata».
E sul dopo Coronavirus, Ascheri chiude con una riflessione: «Da viticoltori sfidiamo tutti i giorni la natura, cerchiamo di addomesticarla, ma siamo consci più di altri della sua forza dirompente, capace di distruggere i nostri raccolti con una gelata o una grandinata. Credo che il Covid-19 ci stia insegnando molto altro: l’evoluzione dell’uomo potrà continuare, come immagino, solo adattandosi ai cambiamenti della natura. Da questa consapevolezza dovremo sviluppare ragionamenti più profondi per proteggerci e reagire meglio, rispetto a quello che stiamo facendo ora».