(di Carlo Rossi) La Canosa come esempio di resilienza: se, come registra Beppe Monelli sul Gambero Rosso, non c’è spazio nelle carte dei vini dei ristoranti italiani per i vini made in Sud e delle regioni considerate “minori” come Molise, Marche, Calabria, probabilmente si tratta di una visione miope spesso frutto di pigrizia culturale.
Lo attesa il recente rapporto pubblicato da Deloitte, che vede numeri da record per l’italian style. Deloitte nel 2023 il business ha raggiunto 41 miliardi, che a livello globale salgono a 240. Sempre secondo Deloitte, a livello globale la cucina italiana vale oltre 240 miliardi, superando il valore raggiunto nell’anno precedente, pari a 228 miliardi.
Un’azienda di cui sentiremo parlare è La Canosa e la famiglia Reina, ora al timone la figlia del fondatore Riccardo, Alberica (nella foto in apertura). Azienda Agricola immersa nelle deliziose colline marchigiane del Piceno e nel cuore del Parco Nazionale dei Sibillini. “La Canosa” prende il proprio nome dal vicino borgo Poggio Canoso, uno dei quattro castelli di Rotella, edificato tra il XII e il XIII secolo dai monaci farfensi (poi benedettini) nel cuore della Val Tesino, alle spalle del Monte dell’Ascensione.
Sono 17 le etichette che propone La Canosa: sei rossi, altrettanti bianchi, un rosato e quattro bollicine. La new entry è, appunto, la grande novità̀ del Verdicchio, classico e superiore: dal prossimo anno sarà disponibile anche la Riserva.
La Canosa, questo il suo terroir
Identità. Territorio, innovazione sono la cifra di questa azienda, che meriterebbe maggior presenza sulle carte dei vini dell’HORECA. I vini proposti sono quelli della tradizione: i marchigiani come Offida Pecorino DOCG, Offida Passerina DOCG, Rosso Piceno Superiore DOC e Rosso Piceno DOC . Seguendo sempre il medesimo approccio, sono stati aggiunti i Verdicchi dei Castelli di Jesi, classico e classico superiore DOC prodotti con le vigne site a Maiolati Spontini. Interessante le diverse quote alle quali vengono allevati i vitigni , dai 130 ai 600 metri, circostanza che li fa trarre beneficio dalle notevoli escursioni termiche che si manifestano durante tutto l’anno.
Il terroir. Il terreno è caratteristico della dorsale appenninica, calcareo ed argilloso rosso, molto minerale con perfetto equilibrio tra magnesio e potassio che favorisce il corretto sviluppo dei processi fisiologici della vite. Alle altitudini maggiori corrispondono suoli meno profondi, i terreni più bassi invece risultano dotati di maggiore profondità e più ricchi di potassio grazie alla prevalenza della frazione argillosa. Troviamo così il Pecorino esposto a Nord a circa 500 metri, il Sangiovese e la Passerina esposti a Sud fino a 580 metri, il Montepulciano esposto a Sud-Est a 450 metri mentre il Verdicchio tra i 137 e i 175 metri con differenti esposizioni.
Questo fa sì che le maturazioni degli acini siano più equilibrate e vi sia un’espressione più fedele possibile del proprio terroir.
La Canosa: ecco la degustazione
Nummaria, rosso piceno superiore 2020 montepulciano 70% e sangiovese 30%. Dal latino “cassaforte dei documenti importanti”, un blend composto in prevalenza di Montepulciano e di Sangiovese, vitigni da sempre scrigno della locale tradizione vinicola. Intenso rubino rosso con unghia di pernice, riflessi di viole. Profumo di frutta di bosco e lievi noti agrumali. Fieno e timo in finale pulente e sapido.
Pekò 2022 : e’ un Offida pecorino doc il cui nome deriva proprio da pecorino, uva tipica della zona. Colore brillante giallo, bagliori dorati impreziosiscono un profumo che esplode di fiori di campo. Vigneti a 350 mt a guyot.
Servator 2022: deriva dal conservatore dei documenti pubblici. Il vino intrigante, seducente quasi vellutato, brillante. Offida Passerina Doc allevata a guyot. Profumi con note di essenze rilassanti, camomilla fiori bianchi, mughetto, buona spalla acida ideale per antipasti e formaggi primo sale.
Picus Viridis 2022 è il Castello di Jesi Doc Classico Superiore. Questo “picchio verde” e’ uno dei vini iconici di La Canosa. Vigneti posti da 135 a 175 metri, guyot. Un bel giallo paglierino con sciabolate verdoline. Minerale con nota sapida finale, pulisce e nobilizza i profumi di fiori ed erbe mediterranee come il timo e il rosmarino.
Signator 2020: deriva da notaio, ed e’ il rosso piceno classico. Blend di Montepulciano e sangiovese. Di scorrevole beva, assemblaggio di acciaio e botte grande che conferisce equilibrio alla pronunciata spalla acida e al cuoio, circostanza adatta per l’invecchiamento. Da tutto pasto.
Chiudiamo con un bel Passerina extra brut charmat lungo. Bollicine fini in quantità, i caratteristici sentori minerali e di fumo del terroir, 2 diversi lieviti selezionati, vino pulente e piacevole, quasi tattile. Sta tre mesi ad affinare in bottiglia a 15 gradi.