(di Bernardo Pasquali). Francesco Carioni ha una formazione internazionale di tipo economico. Dopo gli Studi all’University of West London e il conseguimento del Diploma Internazionale in Business and Economics al Mander Portman Woodwoard Limited, sempre a Londra, da poco più di due anni è rientrato a Trescore Cremasco per iniziare la sua carriera all’interno dell’Azienda di famiglia. Una sfida che proietta Francesco come quarta generazione nella gestione della Carioni Bio.
Dal 1920, in questo angolo di pianura lombarda, tra Crema, Lodi e il bergamasco, la famiglia Carioni gestisce una delle più interessanti realtà agroalimentari italiane di produzione biologica. Dalle 6 vacche, pochi ettari tra riso e ortaggi del suo bisnonno oggi Francesco è il delfino di una realtà leader che alleva 1700 animali, possiede circa 1600 ettari e da lavoro a 90 persone nel gruppo aziendale.
“Mio padre, Tommaso, aveva ereditato l’azienda a 17 anni, nel 1995 – racconta Francesco – e dopo più di 25 anni di attività di CEO, sta responsabilizzando la nuova generazione affinché sia pronta a portare l’azienda nei prossimi decenni. Mio padre ha sempre avuto una visione lungimirante, ha anticipato i tempi ed è stato ed è tuttora un mecenate del biologico italiano”.
L’economia circolare è un concetto che in Carioni Bio, prende vita sin dall’inizio della sua nascita; già il nonno Francesco inizia a produrre zucche, zucchine e orticole. Il concetto di biodiversità e diversificazione produttiva era già forte negli anni, subito dopo il secondo dopoguerra. Tommaso Carioni prende per mano l’azienda e la porta con audacia su un percorso irrinunciabile che è quello dell’autosufficienza energetica e dell’annullamento dell’impatto ambientale. Nel 2001 fonda il caseificio e nel 2009 installa i due impianti di biogas.
I tre dogmi di Francesco Carioni sull’economia circolare
“L’economia circolare è un valore aggiunto irrinunciabile per la nostra politica produttiva – afferma orgoglioso Francesco – e sono tre i motivi principali
La tutela dell’ambiente, il nostro patrimonio più sacro, verso il quale non si può transigere. Se avessimo continuato a trattare con la chimica i nostri terreni non saremmo durati così a lungo. Invece i nostri digestati provenienti dai reattori a biogas, completamente naturali, sono straordinariamente fertili ed eliminano qualsiasi uso di fertilizzanti chimici.
Il benessere animale. Il bovino non è solo un animale, per noi è un bene prezioso verso cui prestare le cure migliori. Per questo la nostra filiera parte dal seme della madre, dalla genetica e lo portiamo fino al consolidamento di una popolazione che è quella che tutt’ora produce il nostro latte. La madre deve stare bene, vivere meglio, in un ambiente pulito, aperto, tra il pascolo e la stalla. Il nostro sforzo negli anni è stato quello di ridurre e annullare totalmente l’uso degli antibiotici nella cura del bovino. Oggi il nostro latte è per il 95% senza antibiotici e sul restante 5% lavoriamo con trattamenti omeopatici.
La sostenibilità economica. E’ inutile che ci giriamo tanto attorno. Fare Bio è bello, è pulito è anche giusto. Ma poi alla fine i conti devono tornare e quindi dobbiamo creare reddito per noi e i nostri collaboratori. Il nostro deve essere un Biologico reale che deve produrre margini economici sufficienti a sostenere gli investimenti per nuove tecnologie, nuovi strumenti produttivi e macchinari. Ecco perchè il Biologico deve essere sempre più comunicato bene al consumatore”.
25% di biologico entro il 2030? Le preoccupazioni di Francesco Carioni
Francesco Carioni non va giù per il sottile quando parla degli obiettivi che si dovranno raggiungere con il New Green Deal europeo, agenda 2030 e il protocollo Farm to Fork. “Raggiungere il 25% di terreno a conduzione biologica in Europa e in Italia è sicuramente un obiettivo fattibile. Il problema è che io vedo una forte incongruenza. Secondo i dati di Biobank, oggi il consumo di Bio in Italia è del 4% sul totale, mentre la produzione è arrivata al 14%. Se arrivassimo al 25% di produzione nel 2030 con un consumo che potrebbe crescere solo fino al 7% cosa n sarà del Bio in Italia? Quando l’offerta è 4 volte superiore alla domanda? Io ho paura che questa transizione ecologica, se non è capita dal consumatore, possa fare dei danni incalcolabili alle aziende Bio.
Gli errori del mondo Bio fino ad oggi nei consumi.
“Fino ad oggi – continua Francesco – molte realtà della distribuzione e della vendita del Bio non hanno dato il giusto valore a questo mondo. Altrimenti non si spiegherebbe perchè la distribuzione esclusivista del biologico negli ultimi anni ha perso l’1%. La GDO ha invece raggiunto un aumento del 263% e forse a loro va dato atto di aver offerto un’attenzione migliore. ma, in generale, sul Biologico si sono fatti molti errori. Prima di tutto pensare che il Bio non dovesse essere bello e buono…un altro errore che abbiamo vissuto fino a qualche tempo fa, l’acquisto di troppo prodotto bio dall’estero sui nostri scaffali. Ad esempio nel latte, il prodotto bio estero fino a qualche mese fa, costava come quello convenzionale italiano”.
Costruire un appeal diverso per I prodotti Bio per i Millennials
“Se non riusciamo a far capire ai giovani e ai ragazzi che il biologico è stato pensato per loro e per farli vivere meglio tutti i nostri sforzi resteranno vani”. Francesco su questo è categorico: “Si sono fatti errori nella presentazione del Bio. Lo si è presentato come un prodotto elitario, alta volte modaiolo e per questo motivo evanescente e temporaneo, infine molte volte lo si è confinato ad un prodotto troppo estremista e ideologico. Tutto ciò deve cambiare. Estremizzando, non dico di seguire l’esempio del Sushi o del Poke ma da li dobbiamo anche imparare, per vendere un prodotto buono, semplice e bello da vedere”.
La mia Carioni Bio tra vent’anni
“Credo che il nostro punto di forza sia sempre stato la diversificazione. In questi anni abbiamo innovato tantissimo in un’ottica di economia circolare che deve crescere in maniera omogenea e sostenibile. Per il 2023 elimineremo quasi completamente la plastica, stiamo progredendo in maniera molto efficace sull’ingredientistica, la riduzione dei prodotti conservanti con l’iniezione di tecnologia e tecniche produttive che comprimono le contaminazioni esterne. Arriveremo anche qui alla clean label come vuole il Farm to Fork. Siamo una grande famiglia solida, con ottimo collaboratori. Un’azienda famigliare con un’ottica manageriale rigorosa. Questo saremo ancora tra vent’anni!”.