(di Bernardo Pasquali). Con la scellerata decisione del dittatore di Mosca il comparto vini entra nel caos. Già dal primo giorno di invasione le file di camion e container bloccati alle dogane e ai confini Lettonia-Russia. Dopo un anno positivo di vendite al mercato russo che aveva raggiunto un +11%, ecco prospettarsi una perdita di circa 375 milioni di dollari.
La cancellazione del codice Swift per alcune banche russe, inoltre, causa il blocco dei pagamenti verso le aziende fornitrici con un grave accumulo di crediti finanziari che rimarranno inevasi e irrisolti. Si perderanno in questo modo anche tutte le tutele assicurative sui pagamenti delle merci.
La Russia è una piazza strategica per il vino italiano e non solo. Ma l’atteggiamento paranoico del suo leader obbliga tutti ad una presa di coscienza che va oltre l’interesse economico. Il mercato russo diventa uno spazio indesiderato e tutti se ne allontanano. Alcune denominazioni risentiranno in maniera particolare di questa crisi. Il Prosecco DOC, in particolare, non entrerà più facilmente in Ucraina e soprattutto vedrà un marketing estero molto condizionato.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su base dogane, solo lo scorso anno si sono registrati ordini dalla Russia per un valore di 375 milioni di dollari, in crescita dell’11% sull’anno precedente, a fronte di 1,155 miliardi di dollari di importazioni complessive di vino dall’estero.
L’Italia, primo Paese fornitore con una quota di mercato di circa il 30% davanti a Francia e Spagna, ha registrato nel 2021 un boom della domanda di spumanti (25%) e un incremento del 2% per i fermi imbottigliati. Tra le denominazioni più richieste da Mosca, il Prosecco, il Lambrusco e l’Asti spumante, oltre ai vini Dop toscani, siciliani, piemontesi e veneti. Anche l’Ucraina, dove l’Italia è leader di mercato, nei primi 9 mesi 2021 ha registrato un import di vino italiano a +20% per i vini fermi e frizzanti in bottiglia, e +78% per gli spumanti.