(di Bernardo Pasquali). Mi sembra che ci sia un pò troppo silenzio nei riguardi del crack che sta colpendo il settore della ristorazione. Da uno dei dati messi in evidenza da Coldiretti, sono più di 3 miliardi i mancati introiti del settore agroalimentare, dovuti al blocco estivo del comparto. Sono molti i ristoranti nella grandi città che apriranno solo a settembre. Mancano all’appello i turisti stranieri e quindi non vale la pena affrontare costi esorbitanti, solo con l’arrivo dei cittadini locali e italiani. A Verona il mitico Ristorante ai 12 Apostoli della famiglia Gioco, per la prima volta lascia le porte chiuse e lo fa con una lunga lettera attaccata sul vetro della porta d’ingresso.
funzionano i ristoranti con pochi posti a sedere, quelli dove il distanziamento sociale era già una necessità prima della pandemia. Soffrono i locali con molti posti a sedere che non possono più supportare i costi con il taglio delle presenze e la mancanza di clienti continuativa.
Non perdo tempo a rimuginare sulle parole inutili di un viceministro Castelli che vive fuori dal mondo e dimostra di non avere le competenze per esprimersi in maniera lucida. Dire che i ristoratori devono essere aiutati dal Governo, per essere riorientati a nuovi lavori, è rinnegare la vocazione di un paese che deve vivere invece, proprio di quello.
Smart working e mancanza di turismo stanno stritolando la ristorazione del mezzogiorno che ormai è limitata sempre più alle grandi catene di franchising del food, (nemmeno quelle, credo, con grandi risultati…) . Mancando le visite straniere mancano anche gli introiti dei “souvenir golosi”, quelli che si trovano nelle aziende e in molti ristoranti bistrot e che aiutano a diversificare le entrate per sostenere meglio i carichi fiscali e gli oneri lavorativi.
Molti titolari di ristoranti sono presi dalla paura e dallo sconforto e rischiano di essere attratti da fenomeni di riciclaggio mafioso italiano ed internazionale che potrebbero ridurre un settore ad una lavatrice di soldi sporchi.
In tutto questo caos si ode un grande silenzio! E’ il silenzio delle istituzioni che non sanno cosa fare e, in questo caso, non è accettabile. Il solo fatto che in un Comitato Tecnico Scientifico non si siano invitati esponenti della ristorazione ha fatto capire quanto poco interesse ci fosse per questo comparto.
Vi ricordate, in periodo precovid, la gara dei politici a “farsi benedire” da questo o quell’altro grande chef, con tanto di selfie postato sui profili pubblici per garantirsi qualche like in più? Ebbene dove sono finiti adesso che ce ne sarebbe davvero bisogno?
Ho sentito anche sorrisini di gente che quasi quasi, si compiaceva, di questa difficoltà, come se fosse una “lezioncina” per un comparto che negli ultimi anni si era preso troppo spazio…
Gli italiani ce la stanno mettendo tutta; il 93% ha scelto vacanze italiane e solo il 13% non andrà in vacanza. La ristorazione sta reinventandosi in tutti i modi per cercare di arrivare al cliente con nuove formule più accattivanti, smart e convenienti. Non dobbiamo togliere la speranza a chi ha investito tutto per elevare la qualità della cucina italiana e promuovere attraverso di essa una delle risorse più antiche e importanti del nostro paese: l’accoglienza, il turismo, l’arte culinaria.
Dimenticare la ristorazione significa togliere di mezzo l’Italia. Abbassare gli occhi di fronte ai imprenditori, molti dei quali giovani, che hanno scelto questo comparto, significa far morire la nostra identità e il nostro sogno millenario di regalare emozioni solo con l’uso di una forchetta. L’Italia è grande nel mondo anche per la genialità nel piatto. Il silenzio assordante rivolto oggi verso la ristorazione si tramuterà domani in un pericolosissimo vuoto generazionale che potrebbe mettere a serio rischio anche il comparto agroalimentare di qualità.
Meno selfies con gli chef dunque e più scelte concrete di sostegno e protezione al comparto. E’ questo l’appello che dobbiamo fare tutti noi che lavoriamo nel magico mondo del cibo e delle materie prime italiane.