Colognola ai Colli, cantina sociale al centro del sistema-Collis, rinnova le sue cariche sociali e chiama al vertice Giuseppe Massimo Ferro, imprenditore, già presidente della Camera di commercio e dell’Aeroporto di Verona. La famiglia Ferro è da tre generazioni nel libro soci della Cantina: «I primi a crederci furono i miei nonni paterni: gente modesta, con appena sei campi a vigneto. Questi terreni sono poi arrivati a noi nipoti per successione e, inoltre, la mia famiglia è proprietaria di un’azienda agricola sul monte di Colognola che produce uva che poi conferiamo: una realtà che fa parte del “progetto qualità” avviato dalla Cantina sociale».
Collis è una delle prime aggregazioni nel settore del vino, avviata nel 2008 fa con la benedizione del Banco Popolare , anticipando un trend oggi attualissimo dopo il blocco ai nuovi impianti attuato dalla Unione europea che ha generato la prima vera stagione di merger & acquisitions nel comparto vitivinicolo nazionale, mettendo assieme cantine sociali (Colognola, ma anche Colli Berici) e realtà private come Cielo & Terra e Riondo: la prima leader nella GDO col Freschello; la seconda una dei pionieri della spumantistica scaligera. In tutto, Collis rappresenta oggi 2400 soci coltivatori, 6400 ettari di vigneto a Verona, Vicenza e Padova (circa un centinaio sono quelli già certificati biologici), 120mila tonnellate di uva prodotta, 950mila ettolitri di vino prodotti, mille800 tonnellate di uva in appassimento, il 15% della produzione veneta ed il 2% della produzione nazionale.
In tutto questo, Cologna ai Colli porta in dote 998 soci (non tutti conferitori), 423mila quintali di uva prodotta nel 2017 (nel 2016 erano stati però 549mila: si son fatte sentire le gelate primaverili e l’ondata di caldo torrido dell’anno scorso) per 2700 ettari. La liquidazione delle uve ai soci nel 2016 è stata di poco meno di 31 milioni di euro, con un trend positivo sia ad ettaro che a quintale. Ma nella dote di Colognola c’è anche il 40% della Casa Vinicola Sartori, storico brand veronese, che ha impostato la sua strategia di crescita proprio sull’integrazione verticale scegliendo Colognola quale partner.
«La forza del progetto – spiega Giuseppe Massimo Ferro – sta infatti nella capacità di integrare le diverse realtà produttive, che si stanno focalizzando sempre di più sulla qualità e sulla sostenibilità delle lavorazioni, con le strutture commerciali a valle. Ognuno fa il suo mestiere e cerca di farlo al meglio: la specializzazione diventa valore aggiunto e dà garanzie al sistema che si fa forza dell’unione delle competenze».
Un esempio sta nell’avvio – a valle – della rete di negozi di proprietà: se infatti Riondo oggi segue il settore Horeca e grande distribuzione, il dettaglio viene gestito da Cantina Veneto, una rete di wine shop che ha raggiunto i 31 store nel Nord Italia con un fatturato di 10.5 milioni di euro, il 12% del fatturato complessivo del gruppo mantenendo in-house la redditività.
«Altra forza sta poi nelle denominazioni che proponiamo – sottolinea ancora Ferro – abbiamo la fortuna di avere in portafoglio Amarone, Valpolicella, Prosecco, Soave cui possiamo aggiungere Arcole e Merlara. Sono i vini che vanno per la maggiore e quindi il nostro sforzo per i prossimi mesi sarà quello di ottimizzare la nostra proposta commerciale, evitando sovrapposizioni di brand ed etichette, valorizzando le produzioni delle aree migliori e come Cantina sociale premiare anche il lavoro dei soci attraverso una adeguata politica nelle liquidazioni. L’obiettivo, evidentemente, è quello di proseguire nella crescita qualitativa, unica strada per garantire una n uova fase di crescita».