Il primo cambiamento è in etichetta. E non è soltanto nella grafica rinnovata, oggi con una personalità molto marcata ed efficace, un lettering modernista in una label dal taglio molto anglosassone, ma nella indicazione “birrificio agricolo” che compare sopra il tradizionale “baffone” con la spiga d’orzo in bocca. Agricolo e non più soltanto artigianale perché Luca e Roberta Cordioli hanno deciso di dare un’impronta ancora più “autentica” alla loro produzione di birra optando per il massimo controllo delle materie prime. A Rosegaferro, infatti, sono i campi di famiglia a produrre l’orzo necessario alla creazione del malto, primo passo per arrivare alla cotta e quindi alla birra. Ad oggi, la produzione copre all’incirca il 90% delle necessità «ma l’obiettivo è di arrivare al 100% ed è per questo che abbiamo iniziato a sperimentare anche la coltivazione del luppolo, scegliendo varietà americane più adatte ai nostri suoli ed alla nostra latitudine» spiega Luca. Un impegno che sta coinvolgendo sempre più i birrifici italiani storicamente dipendenti da orzo distico importato e da luppolo internazionale date le ridotte estensioni di questa coltivazione nel nostro Paese. Una dipendenza che ha portato nel passato a birre sostanzialmente omogenee in quanto legate da una materia prima praticamente identica. A livello nazionale, infatti, la percentuale di autoapprovvigionamento dell’orzo distico per la produzione di malto supera di poco il 60%, e nel 2021 abbiamo importato malto per 148 mila tonnellate. Un deficit che il sistema-Italia vuole ridurre velocemente grazie anche al sostegno del governo alla settore della birra artigianale.
Insomma, controllo della filiera e chilometro (praticamente) zero sono le nuove armi nelle mani del mastro birraio villafranchese per proseguire nella creazione di birre con un forte tratto distintivo, sapori e profumi unici, contraddistinte da una spiccata bevibilità.
A Brew Gruff non è però l’unica novità: rinnovata la sala cotta nei mesi scorsi –con una capacità raddoppiata da 5 a 10 ettolitri, per una produzione annua di 600 ettolitri, affiancata da una nuova linea di imbottigliamento capace di mille bottiglie l’ora – , oggi l’attenzione è nella produzione della prima birra “stagionale”, una harvest ovvero prodotta col luppolo appena raccolto, una chiara che sarà contraddista da riflessi verdognoli nel bicchiere e preziose nuance di clorofilla al naso. La harvest andrà ad allargare la gamma Gruff che poggia su sei etichette classiche: Pilsner, Weizen (la tradizionale birra di frumento), Keller (gluten free), Blanche (contraddista dalla presenza di frumento e avena non maltati con coriandolo di propria produzione e scorza di arancia amara), Pale Ale e Bock. Dal 2015, anno di avvio del birrificio, le tipologie di birra sono di fatto raddoppiate. Per le prossime Festività, arriverà anche la tradizionale “birra natalizia” chiamata ad allietare le tavolate del fine d’anno.
Brew Gruff poggia su una clientela dal mix ideale di beer-lover, horeca e birrerie e locali, con una puntata attenta anche alla grande distribuzione che oggi ha affiancato ad una sempre più vasta selezione di vini anche una altrettanto importante presenza di birre, internazionali, italiane, industriali e artigianali. «Abbiamo approcciato questo mercato con attenzione – sottolinea Luca -. E’ ovvia l’importanza della GDO nello sviluppo del settore, ma abbiamo sempre cercato di garantire al consumatore finale il prodotto migliore. E’ il caso della nostra “Villafranchese” che abbiamo realizzato utilizzando un lievito che lavora però dai 30 gradi di temperatura e che quindi è indifferente alle temperature che si possono raggiungere sugli scaffali benchè in locali climatizzati».