(di Alessandra Piubello) Cent’anni è un traguardo importante. Quest’anno il programma organizzato dal Consorzio tutela Vini Valpolicella è stato particolarmente ricco. Si è iniziato con la masterclass “Amarone: icona dell’alta ristorazione dei The World’s 50 best Restaurant”, guidata da JC Viens con la degustazione di una selezione di Amarone presenti nelle wine list dei migliori 50 ristoranti al mondo secondo la classifica annuale stilata da più di mille esperti.
Da Meroni Il Velluto 2011 (nella carta dei vini del Mountain Beak St, Londra) a Ca’ La Bionda Vigneti di Ravazzol 2012 (Sezanne, Tokyo), da Monte dall’Ora Stropa 2013 (Le Calandre, Italia) a Zymé 2013 (Cenci, Kyoto, Asia), da Buglioni Il Lussurioso 2016 (SingleThread, Sonoma Valley) a Tezza Brolo delle Giare 2016 (Fat Duck, Londra) e a Quintarelli 2017 (Eleven Madison Avenue, New York). Poi il pranzo, firmato dallo chef veronese Giancarlo Perbellini, fresco di terza stella Michelin con il suo Casa Perbellini 12 Apostoli, al Teatro Filarmonico di Verona.
Nel pomeriggio la seconda masterclass “La memoria del tempo, un viaggio tra le annate storiche di Amarone”, guidata dal Master of Wine e vice presidente del Consorzio, Andrea Lonardi, che ha chiesto ai produttori di presentare i singoli vini.
Eccoli: Cesari Vigna Bosan 2010, Marion 2007, Bussola Vigneto Alto 2000, Mazzi Punta di Villa 1997, Cecilia Beretta Terre di Cariano 1985, Santa Sofia 1983, Bertani 1975, Montresor 1969, Bolla 1950. Un plauso va praticamente a tutti (escludendone solo uno), ma in particolar modo a questo 1950, incredibilmente vivo, con una vena fresca, vibrante e lunga. Un vino memorabile, che ha toccato le corde emotive di tutti i presenti.
Amarone DOCG, la cronaca di Opera Prima 2025
Da ormai ventun anni, il consorzio Vini Valpolicella organizza un’anteprima annuale, in questi ultimi anni chiamata Opera Prima, per segnalare l’unione tra il vino e l’opera, che a Verona ha una lunga storia con la sua Arena. Nell’anno del centenario è stato raggiunto il record di presenze, con ben settantotto aziende. Purtroppo le Famiglie Storiche, nonostante ci fossero stati segnali di distensione, hanno perso questa bella opportunità del centenario per tornare in seno al Consorzio. Dispiace che queste divisioni continuino ad andare avanti.
Amarone, l’annata 2020 in degustazione
A leggere le note rilasciate dal Consorzio sull’annata, la 2020 ha messo alla prova i viticoltori della Valpolicella: il clima ha alternato momenti di estrema siccità a piogge abbondanti e anche grandinate, con sfide lungo tutto il ciclo vegetativo. Da gennaio a maggio, con l’eccezione di marzo, le precipitazioni erano scarse, poi il flusso di piogge intense, accompagnato da qualche improvvisa grandinata, ha reso l’estate meno prevedibile.
In vendemmia, la maturazione delle uve ha mostrato una forte variabilità tra le diverse zone. I valori analitici rilevati nelle diverse stazioni di campionamento hanno evidenziato una maturazione che, sebbene ritardata rispetto alle annate precedenti, ha beneficiato delle condizioni climatiche favorevoli a partire da metà settembre, quando si è registrato un andamento climatico più stabile.
Venendo ai settantasette campioni assaggiati (di cui sedici da botte e ventinove già in commercio), nei calici l’annata 2020 si dimostra complicata. In effetti, alcuni produttori hanno deciso di non produrla. Annata di difficile lettura per due motivi. Il primo legato al millesimo: sicuramente l’annata fredda e piovosa non ha aiutato, pertanto il lavoro e l’esperienza in vigna sono stati requisiti fondamentali. I vini sono ancora indietro, c’è bisogno di attendere, sono convinta che in alcuni casi, nel tempo, potremo avere delle sorprese particolarmente positive.
L’altro motivo è legato al cambiamento che sta avvenendo. I produttori hanno realizzato che l’Amarone del futuro dovrà avere delle caratteristiche differenti dall’iper-concentrazione, dall’eccessiva morbidezza, dai legni invasivi.
L’Amarone è un vino da ripensare, come era stato chiaramente evidenziato l’anno scorso dal vice Presidente Andrea Lonardi, valutando un futuro con strade differenti sia in campo (vigneti dedicati, pergola), sia in fruttaio (appassimenti più corti), sia in cantina (lavaggio delle uve, selezione ottica, tempi di affinamento, tipologia di legni e dimensioni dei contenitori). In quest’annata così complicata i produttori hanno iniziato (alcuni l’avevano già fatto) a ripensarlo, puntando a un cambio di stile.
Quando si toglie però l’opulenza, il residuo zuccherino, diciamo la ‘sovrastruttura’ o sotto esiste una buona materia, una zona vocata e il giusto savoir faire oppure i vini restano scarni e sbilanciati verso l’alcolicità. Ci vorrà tempo per trovare il giusto passo e credo che questa sarà un’annata spartiacque, perché la gran parte dei produttori si è cimentata in questo ‘alleggerimento’.
Significa che il Consorzio, che ha proposto un ripensamento sullo stile, sta sempre più diventando un traino per la denominazione, come dimostra il continuo incremento di associati (51 nel solo 2024), anche di nuove e giovani aziende. Trovarsi di nuovo insieme, con degli obiettivi comuni, dopo anni di individualismo, può essere solo che salutare per tutta la filiera per trovare una nuova strada. Non sarà facile, ma essere consapevoli del cambiamento è un passo fondamentale.
Certo, bisognerà aggiustare il tiro, ci vorranno anni per dare forma a una nuova visione di Amarone e per questo credo che sia importante che anche la critica sia a fianco dei produttori in questo momento di cambiamento.
Amarone DOCG 2020 in degustazione.
La lettura di quest’annata si vedrà in prospettiva, ora è presto. Vedremo se questa fase di cambiamento saprà dare i risultati che speriamo. Questi i vini che ci hanno colpito
Bertani
E’ una conferma, d’altronde questo storico produttore da sempre ha avuto uno stile che privilegia l’eleganza, la finezza, il dinamismo gustativo, lo slancio fresco e la sapidità. Ovviamente non manca la materia, che è sapientemente gestita per donarci un sorso di armoniosa calibratura.
Terre di Leone
Ancora in fasce, questo Amarone sa già abbracciare e guardarci negli occhi. La trama è fitta con ottima progressione, ben veicolata dall’acidità che rende il finale saporito. I 7 ettari dei Pellizzari a Marano sono ad un’altitudine tra i 400 e i 450 metri su terreni di origine vulcanica principalmente basaltici.
Monte Castelon
Tempra strutturata, vivificata da una bella tensione sapida e slanciata. E’ ancora un po’ contratto nel finale ma è solo questione di tempo. I Tommasi hanno 7 ettari a Marano, ad un’altitudine tra i 400 e 530 metri su terreni calcareo-argillosi con un’alta percentuale di roccia e pietra.
Marion
Il naso è già pronto con tutte le sue variegate sfaccettature. Il sorso è teso, dinamico, in progressione. Si distenderà nel tempo. Siamo a Marcellise, su terreni calcarei. I coniugi Campedelli, coadiuvati dal figlio Giacomo, producono circa centomila bottiglie.
Corte Cannella
Ci è piaciuto il bilanciamento tra potenza e finezza, tra materia ingente e bevibilità. Siamo a Cellore, in Val d’Illasi, in un’azienda giovane, di 16 anni.
Ca’ La Bionda – Roccolo Grassi- Secondo Marco
Questo trio di produttori di estrema levatura, pur proponendo vini completamente diversi da zone differenti (Marano, Mezzane, Fumane) hanno un fil rouge che li accomuna. I loro Amarone sono molto giovani in questo momento, tutta la profondità di profumi e l’ottima materia che posseggono hanno necessità di ulteriore tempo per esprimersi nella loro fulgida bellezza. Tempo al tempo e mostreranno che sono dei fuoriclasse.
Amarone, qualche numero
Le bottiglie di Amarone e Recioto nel 2024 sono 13.926.000, chiudendo a -2% sul 2023, ma con un recupero del 9% nel secondo semestre. “Un rimbalzo significativo – commentano dal Consorzio – ma ancora leggero per uscire dalla complessità del periodo”.
L’export è al 60% (in primis USA, Canada, Svizzera). Una denominazione che conta 2400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori su 8600 ettari di vigneto. Nell’ultimo quarto di secolo il solo valore fondiario dei terreni vitati è cresciuto del 133% a fronte di un’estensione dei vigneti del 65%. “Se all’asset vigna aggiungiamo quello della cantina – afferma il presidente del Consorzio, Christian Marchesini – il valore attuale della nostra denominazione arriva a circa 6 miliardi di euro”.