(di Silvia Allegri). Era la mattina del 5 settembre del 2021 quando il mio telefono si mise a squillare: ero in Trentino, a camminare in direzione del castello di Avio. “Silvia ciao, sono Franco. Aiutami. Ho trovato un nibbio ferito. Cosa devo fare?” Immediatamente la macchina dei soccorsi si è avviata: “Ecco qui qualche numero da chiamare”, gli ho detto dopo pochi minuti, ferma immobile su una roccia in cui il telefono, per miracolo, era attivo. E in poche ore il nibbio era al sicuro, pronto a ricevere le cure necessarie, al Progetto Natura Verona Lago. “Sei un mito, grazie. Adesso se mi ricapita saprò a chi telefonare”.
Era anche questo, Franco Allegrini. Un uomo del vino, non c’è che dire, spirito razionale e ribelle della Valpolicella, visionario e concreto, che insieme a Marilisa e alle Famiglie Storiche ha contribuito a portare un territorio meraviglioso a essere anche capitale del vino, rinomata in Veneto, in Italia, nel mondo. Ma soprattutto, un appassionato. Di tante cose: del vino e della natura, dei piccoli animali che abitano i suoi vigneti, delle serate in compagnia, delle chiacchierate leggere e dei progetti importanti che lo vedevano partecipe, lucido e lungimirante, sempre pronto a stemperare la tensione con una battuta e un sorriso. Magari a volte anche con una risposta tagliente come una lama: perché quando ci vuole ci vuole. E chi conosce il proprio mestiere non permette agli altri di prendere decisioni sbagliate.
La prima volta che lo incontrai, a Palazzo della Torre, per intervistarlo sui suoi vini e su un bellissimo progetto fotografico in fase di decollo, tornai a casa ‘a mani vuote’. Il motivo? Avevamo trovato un tema ben più urgente di cui parlare, la sua grande passione e la mia grande passione: gli asini. Quelle ore, programmate per degustare, scrivere, raccontare, si convertirono in una visita ai suoi amici, che sono anche i miei. “Ciao, sei la Silvia degli asini giusto?”, mi disse la prima volta che ci incontrammo, tra gli stand di Vinitaly. E una, ricordo, si chiamava proprio Silvia. Per ognuno di loro una storia, un aneddoto, e intanto le coccole e le carezze ai suoi e ai miei beniamini governavano il tempo e lo facevano scorrere veloce.
Oggi Franco non c’è più e lascia un grande vuoto. Nel mondo del vino di alto livello e nel cuore di chi, come me, lo ha conosciuto in altre vesti. Mi aveva promesso che ci saremmo rivisti, dopo il salvataggio del nibbio, per parlare di un nuovo progetto di sostenibilità e tutela della biodiversità. Adesso a parlare della sua passione saranno i tanti abitanti dei prati e delle vigne. Così lo voglio ricordare, insieme a chi ha potuto godere della sua trascinante sete di vita.