I dati rilasciati oggi dall’Italian Wine & Food Institute, relativamente ai primi dieci mesi dell’anno in corso, confermano il perdurare della attuale fase di stallo delle esportazioni vinicole italiane verso gli USA. Dopo un lungo periodo di costante espansione le esportazioni italiane si sono infatti bloccate. Zero incremento in quantità, zero incremento in valore. All’ottobre scorso, a fronte di acquisti statunitensi di vino per 3.51 miliardi di dollari, le vendite italiane si sono fermate a 1,107 miliardi di dollari, valore pressoché identico a quello registrato alla fine dell’ottobre 2016 quando il nostro export valse 1,109 miliardi di dollari.
Al blocco delle esportazioni italiane fa riscontro la continua, complessiva espansione delle importazioni vinicole USA (+7,8% in quantità e +6,2% in valore) e quella dai principali paesi concorrenti dell’Italia (Australia + 26,1% e +1,1% / Francia +17,6% e +17,7 % / Germania +7,4% e +5,2% / Nuova Zelanda +10,8% e +9,3% / Portogallo + 9,2% e + 9,0% / Spagna +17,7% e +2,9%).
Particolarmente insidiosa la rimonta dei vini francesi che, notevolmente distanziati negli anni passati, si apprestano a superare l’Italia nelle esportazioni in valore con costanti tassi di crescita a due cifre. Nel commentare i dati appena rilasciati (vedi tabella), Lucio Caputo, presidente dell’Italian Wine & Food Institute, ha espresso una forte preoccupazione per l’attuale situazione e per i rischi e le conseguenze che ne potranno derivare. Perdere la vincente posizione di leadership sul mercato americano, faticosamente conquistata e mantenuta per molti anni, avrà un effetto estremamente negativo e dirompente sul piano dell’immagine, che non si può tacere, e soprattutto formalmente confermerà la calante presenza vinicola italiana che non sarà più di grande immagine, prestigio e successo, come è stato fin ora, con gravi conseguenze sul piano commerciale. Purtroppo, negli anni scorsi, si sono utilizzati i limitati fondi pubblici disponibili per attività che tendevano ad incrementare l’offerta, in un mercato pressoché chiuso all’aumento del numero dei fornitori, senza far praticamente nulla per incrementare la domanda, con gli attuali risultati. Adesso invece che sono stati assegnati fondi di notevole rilievo, che se ben impiegati potrebbero forse ancora invertire l’attuale negativa situazione, si continua a perdere tempo per seguire assurde e burocratiche norme ignorando il danno che si sta arrecando alle esportazioni italiane del settore.