Sempre meno chimica, stop a nuovi vigneti di Glera ed al consumo di suolo impedendo nuove costruzioni ma favorendo il riutilizzo del patrimonio edilizio già esistente. Queste le tre carte che Luca Zaia, presidente del Veneto, vuole incentivare per sviluppare le colline del Prosecco, recente patrimonio Unesco. Quesste le sue principali dichiarazioni all’agenzia stampa della Regione Veneto.
“Credo che non ci sia un solo cittadino che possa pensare che l’agricoltura possa continuare a vivere di chimica. L’ho scritto e detto ancora una decina di anni fa, in tempi non sospetti: la vera sfida per la viticoltura, e non solo per il mondo del Prosecco, sono i trattamenti. Ricordo che i trattamenti che si applicano ai vigneti nel Trevigiano, sono quelli che per protocollo si fanno in tutto il mondo, a parità di fascia climatica. Il Prosecco si è dotato di limiti e di autoregolamentazioni che altri prodotti della stessa fascia climatica non hanno. L’agricoltura del futuro sarà sempre più equo-sostenibile, integrata e biologica: questo è il nostro obiettivo. Non posso tuttavia ignorare quanti stanno muovendo una sorta di ‘guerra santa’, dicendo che il territorio dei 12 comuni della ‘core zone, cioè l’area patrimonio dell’Umanità, è coltivato con metodi di coltura intensiva, che stanno snaturando il paesaggio. Ricordo che almeno il 50 per cento della ‘core zone’ è occupato da boschi e prati e che l’altro 50 per cento è occupato da vigneti già presenti nelle carte austroungariche del 1810. L’Unesco ha riconosciuto che c’è un patrimonio unico di morfologia, coltivazioni e ‘agricoltura eroica’ che ha contribuito a creare questo paesaggio, un patrimonio da tutelare da eventuali soprusi e sfruttamenti industriali. Quindi è esattamente il contrario di quanto alcuni vanno dicendo”.
Qualcuno obietterà che c’è chi potrebbe fare il furbo, sbancando colline e boschi per cominciare a piantare nuova glera…
“Primo, per quel che mi riguarda, non ci sarà nessuna nuova autorizzazione per far diventare Prosecco nuovi vitigni di Glera. In secondo luogo, se parliamo delle zone collinari, ogni lavorazione è la ripiantumazione di quella che c’era. In linea di principio, non esistono nuovi vigneti: chi pianta nuovo ha dato vita ad un espianto di un vecchio vigneto. Ormai il bilancio di consumo di suolo in viticoltura è zero: non esistono vigneti da quote nuove, per piantare un vigneto ci vogliono i diritti di impianto. Bisogna quindi che un vigneto sparisca per dar vita ad un nuovo vigneto. D’altro canto voglio ribadire che ogni lavorazione deve essere autorizzata dalla Soprintendenza, dai Comuni, dal Genio e da tutte le autorità preposte, soprattutto in collina dove c’è un vincolo paesaggistico o addirittura monumentale. Chi fa lavorazioni non autorizzate, commette un reato, punto e basta“.
Tema fondamentale da affrontare ora è l’urbanistica e lo sviluppo armonico del territorio…
“Penso che l’iscrizione Unesco possa essere una grande opportunità anche per riqualificare l’intero territorio rurale. Ricordiamoci che la ‘core zone’ dei 12 comuni copre circa 9170 ettari. Come la ‘buffer zone’ (l’area ‘cuscinetto’ composta da altri tre comuni) è ricca di casolari e di piccoli edifici agricoli, punti appoggio per gli agricoltori di un tempo per l’alloggio di qualche capo di bestiame utile per la coltivazione o come deposito attrezzi per la lavorazione dei piccoli appezzamenti. La mia idea è sempre stata quella di non autorizzare nuove costruzioni per l’ospitalità turistica, ma di valorizzare quanto già esiste. La vera sfida urbanistica sarà catalogare tutti questi piccoli immobili rurali e permettere ai loro proprietari di riqualificarli con destinazione turistica. Ricordo che il turismo sarà una delle sfide future, sia sul fronte della sostenibilità e sia della gestione dei flussi”.