Dominga e Riccardo Cotarella hanno presentato la nuova veste di Montiano e perché è stata presa la decisione di stravolgere l’immagine di questo vino – una delle massime espressioni del Merlot in Italia – che con l’annata 2016 vuole esprimere anche la personalità delle Cotarella Sisters’. L’azienda nasce nel 1979 producendo vini della tradizione dell’alto viterbese, ma un viaggio a Bordeaux nel 1988 fa scattare in Riccardo il desiderio di creare un grande rosso nel Lazio, esattamente tra Montefiascone e Monterubiaglio, dove è nato. Decide così di innestare uva a bacca rossa in un territorio dedicato da sempre a uva a bacca bianca: “I nostri vicini di casa erano l’Umbria e la Toscana dove si producevano grandi vini rossi e perché non avremmo potuto fare lo stesso nella nostra zona? Ho iniziato a sperimentare su piccoli quantitativi di Merlot sia in vigna che in cantina fino a quando, nel 1993, nasce la prima produzione di Montiano (nel 1995 viene premiato come uno dei migliori Merlot del mondo negli Stati Uniti ndr)” ricorda Riccardo Cotarella.
“Montiano è il vino che più ci identifica, che meglio rappresenta le origini e la storia della nostra famiglia” spiega Dominga Cotarella “il nome è di fantasia e l’etichetta voleva essere una finestra da cui si scorge la porta della cantina da dove tutto ebbe inizio”
Montiano 2016 vuole anche rappresentare il passaggio di consegna da Riccardo a Pier Paolo Chiasso, enologo nonché marito di Dominga: “Siamo stati molto fortunati ad avere tre figlie capaci che lavorano bene, ma lo siamo ancora di più per esserci ritrovati due generi – l’altro è Paulo De Carvalho, brand ambassador Famiglia Cotarella e marito di Marta – in grado di ereditare, insieme ai figli, l’azienda. Questo Montiano 2016 è opera di Pier Paolo, è suo, non sono mai intervenuto se non per assaggiarlo quando era già imbottigliato e, visto il risultato, mi rende sereno per il futuro dell’azienda. Montiano è la nostra famiglia” commenta il dottor Cotarella.
“Questo nuovo capitolo non è una rivoluzione ma un’evoluzione: la rivoluzione l’ha fatta il babbo, l’evoluzione è stata spontanea, naturale – spiega Dominga – Noi siamo ossessionati dal concetto di identità e non a caso, il passaggio generazionale è conciso con il cambio del nome dopo 37 anni, con la nascita della scuola Intrecci e con la della Fondazione Tellus”.
Con l’annata 2016 è stato fatto un ulteriore selezione delle uve Merlot, lavorando su lotti più piccoli ed identificando le migliori barrique con stagionatura di 36 mesi invece che 24 per dare una maggiore finezza al vino. Un vino dalla straordinaria ricchezza aromatica, concentrazione e struttura capace di mantenere la storia e l’identità di Montiano arricchito da un originale esprit de finesse, un singolare intreccio tra passato e presente come si evince dalla nuova etichetta ispirata al passato, concepita nel presente e orientata nel futuro.
“Montiano 2016 è anche un’evoluzione del gusto. Penso che il vino debba possedere grazia. Stare dentro a un perimetro, quello del varietale che lo rappresenta. Mantenere l’intensità e la complessità del gusto. Un equilibrio verticale mai eccessivo, con accenni di nervosità intesa però come la vivacità di un vino legato alle emozioni che lo stesso evoca e che deve, come una bella donna, essere anche un po’ conquistata” sottolinea Dominga.
Anche la piccola delle Cotarella’s è stata messa in prima linea per il lancio di Montiano 2016: dall’etichetta al tappo, dalla serigrafia della bottiglia alla carta velina personalizzata in cui viene avvolto, dal cofanetto di legno alla capsula innovativa e unica nel suo genere. Tutto è opera sua. “Non è stato facile mettere mani su questa etichetta. Siamo partite da quella del ’93 e l’abbiamo evoluta dando uno sfondo particolare che richiamava l’idea del viaggio e l’inizio di una nuova era” chiarisce Enrica.
“Il nostro approccio alla viticoltura è meticoloso, nulla viene lasciato al caso, tutto è frutto di un’analisi attenta a ogni minimo particolare per ottenere un vino che è sì espressione del territorio ma anche delle nostre scelte fatte prima in vigna e poi in cantina” spiega Riccardo Cotarella.