(di Bernardo Pasquali). La scorsa edizione di Anuga a Colonia, iniziava il giorno precedente l’entrata in vigore dei dazi contro l’Unione Europea, da parte dell’amministrazione americana. Sarebbe stato colpito in particolare il settore agroalimentare e complessivamente l’operazione doveva bloccare 7,5 miliardi di dollari di importazione dall’Europa agli USA. Ricordo le facce degli operatori allibite e molto preoccupate; numerose trattative stavano saltando da un giorno all’altro. Proprio in quei momenti si evidenziava però, come la politica fosse lontana dalla vera economia reale. Tutti gli operatori, per non perdere il prodotto, facevano ogni sforzo per cercare di venirsi incontro sui nuovi prezzi che si andavano delineando. In pratica si verificava che i cittadini USA e UE andavano molto più d’accordo di quello che stabilivano i decreti governativi. Era certo che dell’affaire Boeing che aveva fatto scatenare la lite tra i due colossi politico-economici, nessuno sapeva qualcosa.
L’UE non si accontentò di subire quella violazione commerciale da parte degli Stati Uniti e predispose un piano di contrattacco che portò a definire dazi per una cifra di circa 4 miliardi di dollari. Tra i prodotti più colpiti ketchup, formaggio cheddar, noccioline, cotone, patate americane insieme a video giochi e trattori. Inoltre, salmone, noci, pompelmi, vaniglia, frumento, tabacco, cacao, cioccolato, succhi di agrumi, liquori come vodka e rum, accessori di moda come borse e portafogli, ricambi per biciclette e giochi per bambini.
“Occorre fermare subito la guerra dei dazi tra Unione Europea e Stati Uniti d’America che ha già colpito le esportazioni di cibo e bevande Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro su prodotti come Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’elezione di Joe Biden apre nuove prospettive che l’Unione Europea deve essere in grado di cogliere per avviare un dialogo costruttivo ed evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati in un momento drammatico per gli effetti della pandemia”.
I dazi prima e poi il Covid-19 hanno allontanato in maniera preoccupante i mercati dove gli scambi reciproci sono sempre stati il pilastro di una crescita economica condivisa. La politica “trumpiana” nazionalista e, in un certo senso, isolazionista ha messo in evidenza le crepe di un sistema che, pur avendo portato benefici economici nel breve termine, ha irrigidito la collettività che non ha difeso ad oltranza le scelte di chiusura e di dialogo con la vecchia Europa. Dopotutto le grandi comunità originarie europee in America, non potevano accettare di rinunciare alla loro storia e alla loro cultura agroalimentare (qui la nostra intervista a Simone Crolla, dell’American Chamber of Commerce)
Gli Stati Uniti sono il primo mercato extraeuropeo del Made in Italy e solo per i prodotti agroalimentari tricolori vale 4,7 miliardi nel 2019, con un ulteriore aumento del 3,8% nei primi otto mesi del 2020.
Allentare i dazi significa far ripartire le due grandi economie occidentali nel periodo che seguirà questa devastante pandemia. L’eliminazione dei dazi potrebbe essere un vero e proprio acceleratore della ripartenza. Oltretutto, tra i due litiganti, c’è sempre la Cina che gode!