(di Bernardo Pasquali) Luigi Cremona, dopo l’intervento di un mese fa, riguardante gli effetti del lockdown sulla riapertura dei ristoranti, torna sulle nostre pagine per raccontarci la sua opinione sul vasto mondo delle pizzerie. La sua lunga esperienza di critico enogastronomico ma, soprattutto, il suo impegno da sempre profuso nello sviluppo del mondo delle pizzerie di alta qualità, offrono una visione molto interessante di cosa succederà a questo settore dopo il 18 maggio.
Quando si parla di pizzerie, si parla di un mondo che in Italia, fino a prima del lockdown, generava un fatturato di oltre 3 miliardi di lire, con più di 8 milioni di pizze consumate. Da sud a nord l’approccio al mondo della pizza è cambiato negli anni. Da Napoli capitale si sono viste nascere pizzerie gourmet al Nord Italia che hanno scombussolato i piani partenopei e hanno introdotto nomi quali Simone Padoan, Renato Bosco e e molti altri. Una generazione di nuovi pizzaioli dal 2008 ha dato nuova linfa e creatività ad un prodotto che si stava trascinando nella storia.
“A dire la verità, la pizza moderna è nata con Enzo Coccia a Napoli – afferma Luigi Cremona – Io mi vanto di aver portato nel 2007 Enzo, quando ancora non esistevano le pizzerie gourmet, al Wine Festival di Merano, come dire al polo nord, con una serata che si chiamava Pizza Chic nel contesto di Gourmet Arena, dove abbinammo la sua pizza allo Champagne”.
La pizza da una crisi all’altra
“Il trend della pizza, è giusto ricordarlo, è nato alla fine della prima grande crisi che abbiamo passato, quando è fallita la Lehman Brothers, che ha portato dal 2008 al 2012 un periodo di grande crisi economica. La pizza dopo questi eventi è esplosa in modo massiccio, anche perché, non c’erano molti soldi in giro e quindi le persone sceglievano senza dubbi le pizzerie. Io partii con il Concorso “Emergente Pizza” proprio in quel periodo e quindi ho vissuto molto bene quella fase di transizione dove la pizza era sempre più al centro dell’attenzione, molto sostenuta anche dai media. Era l’anno della nascita dei food bloggers che, giustamente, tenevano sotto massimo controllo questo fenomeno positivo. Nacquero ed esplosero in quegli anni fenomeni al nord con Simone Padoan della Pizzeria I Tigli di San Bonifacio VR”.
Come reagirà il mondo delle pizzerie alla pandemia?
“Sarà la sua definitiva consacrazione. Tutto fa pensare che la pizza ne uscirà ancora più forte di prima. Innanzitutto, perché essendo un po’ più poveri è chiaro che la pizza è più abbordabile. Pensiamo soprattutto alle famiglie con figli. Sta di fatto inoltre che il mondo delle pizzerie, partirà in vantaggio, in quanto era già un precursore delle nuove tendenze: take away, delivery, erano attività che già prima si svolgevano comunemente tra le pizzerie, e tutto questo non può far altro che rafforzare e dare un’ulteriore spinta al settore”.
E il mondo delle pizzerie tradizionali?
E’ chiaro che la pizzeria in senso tradizionale, avrà qualche problema in più che prima non aveva. Di certo, come nella ristorazione, alla riapertura anche il fattore qualità avrà una grande importanza. A Napoli per esempio la pizzeria, da una parte, ed è molto positivo, gode di una grande popolarità e di costume ma, certe situazioni negative non si vedranno più; ad esempio, la fila fuori, spesso disordinata, che si fa per aspettare il primo posto libero; il fatto, poi, di ordinare in fretta e altrettanto velocemente, mangiare per lasciare il posto libero ad altri. Situazioni che non sono belle da subire e che, molte volte, ti costringono a mangiare in situazioni precarie. Questo tenderà a sparire! Chiaramente ci saranno dei turni più rigorosi, ci saranno delle prenotazioni da seguire e così via. Ne soffrirà quindi il colore, però ne acquisterà la qualità, il rispetto dei flussi, delle distanze, il comportamento sociale, la pulizia. Secondo me quindi alla fine il conto da pagare sarà positivo! Le pizzerie saranno meglio organizzate, più flessibili, e anche più rigorose nel servire le pizze.
Cambieranno i trend e le tipologie delle pizze?
“Sono sicuro di sì. la prima cosa con cui dovremo fare i conti sarà un cliente cambiato. Questa epidemia ha fatto crescere nell’animo delle donne e degli uomini italiani, pensieri e attenzioni che magari prima erano più tollerati: la sicurezza sanitaria, la pulizia, la salubrità dei prodotti, la genuinità dei prodotti, una vita più ordinata e segnata da tempi certi. Tutto questo comporterà alcuni cambiamenti che non potranno essere ignorati.
Facciamo qualche esempio…
“La prima tendenza molto positiva sarà l’allineamento della maggior parte dei pizzaioli verso l’utilizzo di buone materie prime selezionate di una filiera controllata. Inoltre la pizza tenderà a diminuire come dimensione, specie al sud, da Napoli in giù. Nella tradizione napoletana, l’impasto spesso sfora i 300g. Ciò comporta che si parte da una pizza che ha almeno un quantitativo di 1000 – 1200 calorie, senza considerare il topping. Se ci mettiamo gli ingredienti e poi gli avviciniamo una birra, possiamo facilmente superare le 2000 kcal. Questo è assurdo!
Moltissimi lasciano il cornicione della pizza e perché lo fanno? Molte volte perché è immangiabile e non particolarmente cotto; ma, fosse anche fatto bene, la gente non ce la fa ad arrivare in fondo e quindi lo lascia. Questo è un problema di contenimento dello spreco dal quale non si può rimanere insensibili.
Un’altra tendenza sarà sicuramente il “menù della pizza”.
Che cosa intende con menu della pizza?
“Non è possibile che quando ci si siede in una pizzeria, soprattutto in quelle gourmet, prima di arrivare la pizza ti vengano servite altre pietanze tipo appetizers o altre sfiziosità. Tante volte, anche i grandi maestri pizzaioli, quelli famosi, si fanno vanto di fare la pizza più digeribile che ci sia, dandoti, con la pizza, arancini, crocchette, fantasia di fritti, mozzarella in carrozza ecc… ma poi si perdono nel contaminare il menu, con troppe cose che ti appesantiscono e tolgono centralità alla pizza. Tutto questo è assurdo e deve cambiare!”.
Il menu del domani, sarà rivolto ad un cliente che si dovrà rispettare di più, che dovrà essere più seguito, più coccolato. Sarà un cliente che vorrà mangiare più leggero, più sano e più green. La parte vegetale sta aumentando nella ristorazione. Tutti gli chef mettono più orto, più verdure, non solo i vegetariani. La pizza, quindi, sarà accompagnata da altre alternative, più leggere. Le bevande saranno più variegate, anche di origine vegetale o della frutta e serviranno a bilanciare meglio il menu.
Chi vincerà?
“Chi meglio sarà pronto ad adattarsi. Oltre a tutto ciò che abbiamo visto fino a qui, una componente fondamentale è saper comunicare. La pizzeria deve diventare molto più “smart”, per la scelta, le ordinazioni, gli eventi promozionali. Ci saranno delle app che , quando si ordina la pizza, ti daranno un primo segnale, quando l’ordine viene accettato, un secondo segnale, quando la pizza è in lavorazione, il terzo segnale e, infine, quando la pizza è finita, il quarto che ti dirà entro quanti minuti potrai andare a prenderla, restando fuori nel rispetto delle disposizioni governative.
Il take away dovrà essere gestito in una posizione diversa da quella espressa ai tavoli. Vincerà chi avrà un punto vendita del take away all’esterno, dove prendere le prenotazioni e gestire le consegne. Questo darebbe la possibilità di agevolare gli ordini da parte delle persone che passano di lì. Vincerà chi gestirà in maniera scientifica i social. Nel futuro conterà certamente fare una pizza buona ma, vincerà chi si saprà organizzare meglio. In tutto questo ci vuole l’imprenditorialità, la forza di creare una rete e una potenza di fuoco digitale.
Ce la faremo dunque?
“La mia più grande preoccupazione è che si rimanga tutti come prima. Si sa che il mondo dei pizzaioli è molto individualista. Sono molto bravi, in Italia sono i migliori al mondo, non c’è dubbio, dei veri e propri maestri. Ma questo non basterà. Saranno in grado di fare squadra? Saranno in grado di creare strutture imprenditoriali in grado di competere con le grandi multinazionali che si stanno già attrezzando con franchising aggressivi? io prevedo che il successo si avrà con le catene di pizzerie che meglio si saranno organizzare rispetto al singolo pizzaiolo. Speriamo che non sia terreno di conquista per gli stranieri, altrimenti pian piano, la pizza rimarrà italiana di nome, ma di proprietà di fondi esteri”.
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