(di Alessandra Piubello) L’anteprima Derthona Due.Zero è iniziata con un convegno introduttivo alla presenza di Monica Laureati dell’università di Milano, che ha approfondito l’identità sensoriale del vitigno timorasso e da Maria Alessandra Paissoni dell’Università di Torino che ha presentato una ricerca sugli aspetti chimici e sensoriali sull’aroma del timorasso.
Davide Ferrarese, agronomo, Gian Paolo Repetto presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi che riunisce 108 soci e Gianni Fabrizio del Gambero Rosso hanno spiegato rispettivamente le annate, il territorio e lo stato dell’arte del timorasso (qui l’articolo sul Derthona). Personalmente, pur trovandomi di fronte ad una diversità stilistica interpretativa notevole del vitigno, ho apprezzato la sua natura mutevole e la sua peculiare tipicità, proiettata nel futuro. Sono certa che avrà un radioso avvenire.
Derthona, l’annata 2022
“La stagione 2022 è stata certamente estrema, quasi per cuori forti, a causa delle temperature molto elevate, ma al tempo stesso sorprendente e al di sopra delle aspettative”, ha dichiarato Davide Ferrarese, agrotecnico di VignaVeritas. L’inverno non è stato particolarmente rigido, maggio è stato molto piovoso e nel periodo estivo si sono registrate temperature anche sopra i 35 gradi. I temporali del 17 e 18 agosto hanno portato un po’ di acqua.
La vendemmia è stata tra le più anticipate di questo territorio ed è iniziata già a fine agosto. L’acidità media non ne ha risentito e l’uva ha raggiunto una piena maturazione: questo dimostra come il timorasso riesca a contrastare, più di altre varietà, i cambiamenti climatici in atto”.
Trentadue i campioni in degustazione, caratterizzati da un bel nerbo acido, da una sapida dinamicità e da uno slancio quasi salino.
Vigneti Massa Derthona 2022. Profilo olfattivo intenso, tra note di erbe officinali, agrumi e un tocco balsamico. Bocca viva, dinamica, irrorata da una scia sapida che la innerva. Colpisce per l’armonia che già esprime e per la purezza del frutto che ritorna, integro, sul finale.
Il papà del Timorasso prosegue la sua battaglia per il territorio, tenendo uniti sia i locali sia i langhetti che stanno investendo in zona. Un uomo visionario e vulcanico, sempre pronto a valorizzare il territorio in tutte le sue espressioni. Trentun ettari per circa 160mila bottiglie.
Mutti Andrea Derthona 2022 Castagnoli. Attrae per le note nitide e intense di agrumi, salvia, erbe officinali. Parla un linguaggio che cattura, per la sua spontaneità e coerenza, donando una relazione immediata, basata su finezza ed eleganza, ma con un mordente salino che spinge ad ascoltarlo per ore.
Andrea è la quarta generazione nel vino in Val Grue. Il bisnonno e il nonno vendevano sfuso, il padre imbottiglia negli anni ‘70. Andrea coadiuva l’attività paterna, assumendosi in toto la responsabilità nel 1995. La prima etichetta di timorasso è del 1994, voluta per comunanza totale alla visione di Massa. I 16 ettari vitati, tra i 250 e i 300 metri di altitudine, sono su suoli marnosi-calcarei con arenarie.
Poggio Paolo Derthona 2022. Le percezioni olfattive richiamano sentori balsamici, quasi resinosi, una sensazione di nocciola. In bocca si muove dinamico, vivo, percorso da un nerbo salino fino al lungo finale.
I circa quattro ettari e mezzo vitati in Val Curone sono in media collina, su suoli di medio impasto, alcuni argillosi, altri calcarei. Paolo aveva piantato timorasso ancor prima di conoscere Massa, ma i suoi consigli e la sua esperienza l’hanno aiutato a focalizzarsi bene sui risultati. Il giovane figlio Matteo, fresco di laurea in enologia, aiuta il padre.
Derthona, l’annata 2021
A livello agronomico, come ci relaziona Davide Ferrarese, ci troviamo di fronte a un’annata diversa rispetto alla precedente, poiché sia a dicembre 2020 sia a gennaio 2021 è arrivata la neve, fino a 40 centimetri e quindi c’erano maggiori riserve idriche per far fronte all’estate asciutta, con temperature massime molto alte specie a ferragosto, seguite da un periodo di forti escursioni termiche da fine agosto fino alla vendemmia (10-15 settembre).
All’assaggio i ventitré vini del 2021 risultano più complessi, il quadro olfattivo si è arricchito e la tempra, pur restando fitta e marcata, si è equilibrata.
Boveri Luigi Michele Derthona Filari di Timorasso 2021. Il quadro aromatico è complesso, con note di pietra focaia. La cifra stilistica è l’eleganza, innervata da una sapidità impressiva, che accompagna il sorso molto a lungo.
Siamo nella Valle dell’Ossona: i trenta ettari si estendono in un ambiente incontaminato a circa 270 metri di altitudine, su terreni argillosi e marnoso-calcarei. Luigi, quinta generazione, è subentrato negli anni Novanta ed è ora affiancato anche dal figlio Francesco.
Vigneti Boveri Giacomo Derthona Lacrime del Bricco 2021. Richiami di zafferano, agrumi e fiori bianchi. Rappresentativo e territoriale, mostra una verve sapida e incisiva e una persistente beva gratificante.
I dieci ettari sono collocati su terreni differenti: marne calcaree e argille. Giacomo Boveri, pur rappresentando la quinta generazione, all’inizio aveva scelto un’altra strada, per poi ritornare alle radici familiari negli anni Ottanta e cominciare a imbottigliare nel 2010.
Pomodolce Derthona Grue 2021. Ampio ventaglio olfattivo: fieno e macchia mediterranea, una vena gessosa e rocciosa che innesca una verticalità grintosa. La trama intreccia densità e freschezza in sintesi dinamica, la progressione è vibrante e il ricordo lungo, vivo di accenti e prospettive.
Sei ettari a 350 metri in un crinale ventoso tra la valle Grue e la Valle Curone, su terre bianche calcaree e tufacee più in alto, più sotto argillose. Nel 2002 i Davico piantano le vigne, nel 2005 si certificano biologici ed esce la prima bottiglia di timorasso, seguendo il metodo di vinificazione di Massa. La famiglia è conosciuta anche per il ristorante, nato negli anni Sessanta, al quale hanno poi aggiunto la produzione vinicola, guidata dal 2016 da Alessandro.
Vigneti Repetto Derthona Origo 2021. Naso intenso, mallo di noce, cedro, idrocarburo. L’approccio gustativo è morbido, il corpo è strutturato e dall’eleganza peculiare. Chiude lungo e sapido.
Gian Paolo Repetto e la moglie Marina fondano l’azienda nel 2015, dedicandosi a produrre vino nei circa 18 ettari tra i 240 e i 340 metri di altitudine su suoli calcareo-argillosi. Origo, da un vigneto risalente al 1992, richiama, fin dal nome di derivazione latina, il principio, volendo rendere omaggio alle origini del territorio.
La Colombera Derthona Il Montino 2021. Nitido nei profumi di salvia, agrume, grafite, nocciola, idrocarburo. In bocca è strutturato e voluminoso ma ben equilibrato, innervato da una vena salina. Da un cru ad anfiteatro un vino che ha il volto del luogo.
Elisa Semino, bisnipote del fondatore che nel 1937 costituì l’azienda, enologa e anima dell’azienda è affiancata dal fratello Lorenzo, ex campione di snowboard delle Nazionale Italiana e dal marito agronomo Davide Ferrarese. Ventotto ettari, suddivisi tra Vho sul Monte Colombino (da cui deriva il nome dell’azienda, che ha sede qui) su terreni argilloso calcarei, e Sarezzano, su suoli calcarei e ricchi di scheletro.
Poggio Ezio Derthona Archetipo 2021. Dal calice si sprigionano profumi di frutta bianca matura, fiori bianchi e agrumi. La trama è fitta, spinta da una slanciata freschezza e saporosità.
Ezio Poggio, laureato in enologia, lavora nell’azienda familiare dagli anni Ottanta ed è affiancato dalla terza generazione. Nella sottozona Terre di Libarna si è fatto capofila dal 2004 di un progetto di filiera in Val Borbera, collaborando con altri viticoltori e arrivando a raggruppare circa otto ettari. I vigneti, che si estendono a un’altitudine dai 350 ai 650 metri, allignano su terreni calcarei argillosi, carezzati dal vento che proviene dal mare.
Marina Coppi Derthona Fausto 2021. Olfatto poliedrico, composto di sensazioni di fiori bianchi, note gessose, zafferano, richiami di conchiglia. Al palato esprime un’energia pulsante, l’articolazione è dinamica e la scia salina spinge il sorso, lungo e godibile.
A Castellania dove nacque Fausto Coppi, tanto che poi divenne Castellania Coppi, nasce nel 2003 l’azienda vinicola fondata da Francesco Bellocchio, che porta il nome della madre Marina, figlia del campionissimo. I sei ettari, circondati da boschi e carezzati dai venti, sono sulle marne argillose venate dalle formazioni geologiche marne di Sant’Agata Fossili, paese che si scorge dalla sala degustazione.